Gigantismo abissale

L'isopode gigante abissale Bathynomus giganteus

Gigantismo abissale è l'espressione coniata per descrivere la tendenza di molte specie animali abissali a raggiungere una taglia molto maggiore rispetto ai loro congeneri di acque meno profonde.

Un buon esempio di questa tendenza è il calamaro gigante, lungo fino a 13 m, superato dall'ancor più grande calamaro colossale (fino a 14 m e oltre), oppure dal re d'aringhe, una sorta di anguilla lunga oltre 11 m[1]. Un esempio ancora più eloquente è il crostaceo isopode Bathynomus giganteus che può raggiungere la taglia di 50 cm per 2 kg di peso mentre i membri costieri di questo gruppo non superano uno o pochi cm di lunghezza[2].

È ignoto se la tendenza all'aumento di dimensioni sia un adattamento per far fronte alle scarse risorse di cibo degli abissi marini, o alla forte pressione delle alte profondità, o sia dovuto a tutt'altre ragioni.

È stato riportato da David Attenborough, nella sua serie televisiva sugli abissi Blue Planet[3], che le grandi dimensioni di un animale abissale comporterebbero una minore dispersione di calore ed una diminuzione della necessità di un'attività costante, caratteristica dei piccoli organismi.

Uno degli organismi abissali per i quali si ha una giustificazione della grossa taglia è il verme tubolare gigante: queste creature, infatti, vivono in prossimità delle sorgenti idrotermali, che li riforniscono di grandi quantità d'energia sotto forma di batteri.

Note

  1. ^ Regalecus glesne, King of herrings : fisheries, gamefish
  2. ^ Bathynomus giganteus, il piccolo gigante degli abissi, su blogalileo.com, bloGalileo, la Scienza che orbita intorno, 10-04-2009. URL consultato il 31-09-2010.
  3. ^ The Deep, in The Blue Planet, BBC online.

Voci correlate

  • Pesce abissale
  • Nanismo insulare
  • Gigantismo insulare
  • Zona adopelagica
  • Zona abissopelagica

Collegamenti esterni

  • Dispense del corso di Ecologia Marina per Scienze Naturali All'Università di Roma "La Sapienza", su google.it.
  • Gli abissi [collegamento interrotto], su google.it.
  • Adattamenti al buio e alla pressione Archiviato l'8 giugno 2015 in Internet Archive., Università politecnica delle Marche